Nel tessuto urbano di Roma, lungo il rettifilo di corso Vittorio Emanuele II, un’arteria pulsante che attraversa il rione Parione, sorge un edificio che trascende la sua funzione di luogo di culto per incarnare un’intera epoca storica, spirituale e artistica: la chiesa di santa Maria in Vallicella. Ai più, tuttavia, e specialmente ai romani, è nota con l’affettuoso e storico appellativo di “Chiesa Nuova”. Questo nome, di per sé, racconta una storia di rinnovamento, di rinascita spirituale nel cuore della Roma del Cinquecento, un’epoca di profonde crisi e altrettanto profonde riforme. La sua vicenda è inestricabilmente legata a una delle figure più luminose e rivoluzionarie della cristianità romana, san Filippo Neri (1515-1595), il “santo della gioia”, l’apostolo di Roma che seppe contrapporre alla severità della Controriforma un messaggio di carità, umiltà e letizia. Fu lui a fondare qui la Congregazione dell’oratorio, e fu la sua visione a plasmare questo luogo, trasformandolo in un faro di spiritualità e in uno dei più sfolgoranti manifesti del barocco.
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La Piramide di Gaio Cestio: il mausoleo faraonico che sfida i secoli nel cuore di Roma
In una città come Roma, scrigno di innumerevoli meraviglie architettoniche che testimoniano la grandezza del suo Impero, esiste un monumento che più di altri cattura l’immaginazione per la sua forma insolita e la sua origine esotica: la Piramide di Gaio Cestio. Appuntita, slanciata e rivestita di un candido marmo che risplende sotto il sole romano, questa struttura funeraria si erge come un frammento d’Egitto trapiantato nel tessuto urbano della capitale, a ridosso della storica Porta San Paolo e del suggestivo Cimitero acattolico. La sua presenza, tanto bizzarra quanto affascinante, non è frutto del caso, ma il riflesso di un preciso momento storico in cui Roma, conquistatrice del mondo, subì a sua volta la potente seduzione della millenaria civiltà del Nilo. La Piramide Cestia non è solo la tomba di un facoltoso magistrato, ma un simbolo duraturo di quella “egittomania” che pervase l’Urbe all’indomani della sottomissione del regno di Cleopatra, un monumento che ha saputo resistere alle ingiurie del tempo e degli uomini grazie a una serie di fortunate circostanze che ne hanno garantito la quasi perfetta conservazione fino ai giorni nostri.
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